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Misteri Tropicali

Passano gli anni. Quattro, dal mio primo scritto. Nel frattempo ne ho iniziati altri, ne ho completati pochi e non li ho fatti leggere a nessuno. Rappresentavano solo esercizio di scrittura creativa e sono sincera se dico che non li ricordo nemmeno più. Intanto che scrivo, continuo a leggere i libri per ragazzi della "Mondadori Junior" e li amo perché narrano di amicizia, amore, guerre, omosessualità, lutti e tutti gli argomenti che ogni adolescente dovrebbe affrontare, facendolo in modo più delicato e meno chiassoso di adesso. A 13 anni, però, incontro lui ed è amore a prima vista. Non possiamo più fare a meno l'uno dell'altra e da allora rimarremo insieme per sempre: il GIALLO. Ebbene, io quando leggo gialli e thriller, mi esalto. Mi sembra di essere posseduta dall'emozione e più è malvagia, meglio mi sento. Vale anche per il cinema: il male nell'arte fa meno paura, serve a esorcizzare le ansie della vita reale. Ad ogni modo, ne ho letti tanti, ma non ne a

I ragazzi del collegio

Insomma, a 13 anni leggo "Piccoli Uomini". Qualcuno ricorderà che narra di Jo March, scrittrice di "Piccole donne" che, dopo la tragica morte della piccola Beth e il matrimonio della sorellina Amy col ricco amico Laurie, si sposa e apre una sorta di casa famiglia per ragazzi di ogni tipo. Lì per la prima volta è avvenuta la magia: leggevo e intanto pensavo a come sarebbe stato riscrivere la stessa storia a modo mio. I protagonisti facevano cose e nella mia testa le stavo riscrivendo, ambientandola ai giorni nostri con personaggi diversi. È stato in quel momento che ho capito cos'avrei fatto da grande: la quarantenne che vive con due gatte in un bilocale. E che scrive. Il giorno dopo, tornata da scuola, mi sono.messa a scrivere la storia che avevo in mente. Ovviamente era illeggibile. Una bieca scopiazzatura del romanzo originario, tanto patetico che non lo feci leggere a nessuno, eccetto mia nonna. Nonna Lidia non si limitò a leggerlo: lo copiò al computer (m

80's are good enough

Papà, non leggere questo post. Anzi sì, cosi per prima cosa potrai leggere i miei ringraziamenti. Il fatto è che quando ho dodici anni, succede l'irreparabile. Per tenermi buona durante una serata tra amici, mia mamma mi piazza davanti alla tv intimandomi di guardare un bel film. Il storco il naso, che me ne importa? Mamma insiste e ok, guardiamolo. Il suddetto film è "The Goonies". Non voglio accettare che qualcuno tra voi non ne conosca la trama, ma in buona sostanza la riassumo così: ragazzini sfigati, sfratto, tesoro dei pirati, inseguimento da parte dei cattivi, tracobbetti, lieto fine. Il tutto mentre Cindy Lauper canta "Goonies are good enough"; erano gli anni '80. Intanto, papà, voglio che tu sappia che apprezzo il fatto che la mia VHS non sia mai stata misteriosamente andata smarrita, bruciata, fatta saltare in aria; lo apprezzo,  dovevi volermi davvero molto, molto bene. Detto questo, io vedo il film, lo rivedo, lo rivedo, lo rivedo, lo rived

(Piccoli) Uomini e Donne

Detto così, suona molto Maria De Filippi con tanto di sigla inconfondibile. Beh, dopotutto la mia storia con la lettura e la scrittura è una storia di corteggiamento quindi potrei ben dire che esiste una Tronista e diversi corteggiatori. La Tronista ero decisamente io e, dopo il libro "Cuore", mi corteggiavano altre tipologie di lettura. "Piccole Donne". Fate ben attenzione perchè inizierete a scoprire come una giovane ragazzina molto ingenua abbia capito cosa sarebbe stata da grande. Come tutti sapete, il romanzo parla di quattro sorelle che vivono in semi povertà (i poveri veri sono quelli che muoiono di scarlattina in un tugurio) unite da un profondo affetto, dalla mamma chioccia, dalla paura per il padre in guerra e dall'affetto per i vicini di casa: un burbero anziano e il timido nipote. Vi ricordate che, giocando a ritagliare figure femminili, avevo iniziato ad assegnare le parti dei miei giochi simbolici? Bene, "Piccole Donne" era diventato i

Il battito del "Cuore"

Il primo libro che ho letto, fu probabilmente il libro "Cuore". Avevo sei anni. In tv andavano pochi cartoni animati e uno tra essi era proprio tratto dal libro in questione. Mia nonna non fece altro che tirar fuori un tomo pesantissimo dalla copertina blu, mi disse "leggilo" e così feci. Ovviamente, ero innamorata di De Rossi. Sì, come il calciatore. Era biondo, bellissimo, di buon cuore e il primo della classe. Il classico saputello che, però, non se la tira. D'altronde mi sarei anche innamorata di Anthony, il principino sfigato di Candy Candy. A me i bei tenebrosi alla Terence non sono mai piaciuti e poi, diciamolo, se Anthony non fosse caduto da cavallo morendo, Candy sarebbe invecchiata con lui e avrebbero avuto tre figli altrettanto biondi e altrettanto stucchevolmente, melensi. Ma torniamo a De Rossi. Il libro "Cuore" era il finto diario di tale Enrico Bottini che era totalmente mediocre come è giusto che sia per permettere al lettore di imm

Il "Vesti maiala"

Uno dei miei giochi preferiti da bambina, era il "Gira la Moda". Per chi non se lo ricordasse, consisteva nel passare un carboncino sulla carta posta sui diversi elementi femminili (viso, corpo e gambe) e, successivamente, le texture degli abiti. Il risultato finale era una donna con infinite combinazioni di volti e look. Da lì, mi sono evoluta nel "vestibambole". Ritagliavo sagome di donne e le vestivo con abiti di carta. La cosa più divertente, ovviamente, era fare interagire le diverse protagoniste, ognuna in base a quanto mi ispirava il suo volto o il suo abbigliamento. C'era quella con l'aria dolce e carina, la signorina Rottermeier, la snob altezzosa... inventavo vere e proprie storie con un inizio e nessuna fine, nel senso che quando mia mamma mi chiamava per cenare, il gioco terminava. Io ero capace di continuare per ore ed ore a creare una vita a delle sagome di cartoncino. La vera svolta, però, quel che poi è diventata la mia modalità di scrittu

La guerra dell'astuccio

Aver perso il sesto dito alla tenera età di tre anni, non aveva fermato la mia voglia di scrivere. Guardando il mio dito destro fasciato, ormai orfano, afferrai con la mano sinistra la penna magica e, sulla lavagnetta nuova, scrissi fieramente "Tea". La lavagna magica non era altro che una tavoletta su cui lasciare un segno e che veniva poi cancellato con il passare di una linguetta... forse era qualche meccanismo magnetico o forse era veramente magica, fatto sta che quello fu il mio primo autografo. Con la mano sinistra. La destra aveva 18 punti e un bendaggio un tantino ingombrante. Ma ancora non era il momento di scrivere racconti. Vuoi per il fatto che prima di scriverli, avrei dovuto inventarli, vuoi che avevo solo tre anni ed ero una bomba di fantasia nel corpo di una bambola. Quindi pensai che fosse meglio, per il momento, giocare a "inventiamo storie assurde" con tutto quello che mi capitava davanti, dai primi Puffi (regalo di mio padre per il post oper